Translation Exchange Project – traduzioni multi-lingue aperte e condivise

07Jul09

Ti sei mai chiesto come sia possibile costruire e gestire un progetto di traduzioni multi-lingue aperto? Come tradurre qualsiasi cosa in modalità crowdsourcing, da una poesia haiku a un complicato testo letterario? A latere della recente conferenza Open Translation Tools di Amsterdam, Global Voices lancia un nuovo progetto, basato su una comunità online per lo scambio di traduzioni aperte e collettive.
L’ambito di ricerca verterà su un interrogativo: chi potrà aver bisogno di un servizio di scambio traduzioni? Come faranno gli utenti a trovare i contenuti che vanno cercando? Come potranno contribuire con contenuti tradotti? Come identificare clienti che possano aver bisogno di un flusso considerevole di contenuti in altre lingue?
Marc Herman è il manager del progetto, coadiuvato da Bernardo Parrella, attuale coordinatore di Global Voices in italiano, e da Leonard Chien, condirettore di Lingua.
Se sei interessato/a a quest’iniziativa e ti stai chiedendo come partecipare, puoi semplicemente lasciare un commento sul blog del Translation Exchange Project, dove potrai seguire l’evolversi della nostra ricerca, leggere gli aggiornamenti, scoprire tutte le opportunità per collaborare, conoscere i risultati preliminari.
Maggiori dettagli su Global Voices in italiano.



4 Responses to “Translation Exchange Project – traduzioni multi-lingue aperte e condivise”

  1. 1 eujy

    Mi sono chiesto perché mai applicare la categoria della ‘complicazione’ per qualificare un testo letterario?

    Un testo letterario è un testo letterario.
    E

  2. 2 tamara

    C’è un aspetto che colpisce in questo post. Non si parla una sola volta di ‘traduttori’. Un caso? O ‘l’anticipazione di un destino’ magmatico in cui tutti andranno a fondersi nel crowdsourcing?

  3. @tamara: direi meglio che il senso sta nel collettivo, come per il progetto GV e simili, ma ovviamente rispettando, non sminuendo ed anzi esaltando le capacita’ dei singoli – in questo caso, i traduttori – ma non piu’ come categorie a se’ (al pari di giornalisti, esperti, etc.) quanto piuttosto in un pool di intelligenza collettiva e risorse condivise – purche’ rimanga l’intelligenza ovvio 😉

    @eujy: la complicazione puo’ (non deve, ovvio) riguardare anche i testi letterari, come quelli scientifici o tecnici o di fiction, no?

  4. 4 tamara

    Non mi riferivo all’esaltare la capacità dei singoli, né qui, propriamente, ai traduttori come categoria. Singoli, categorie e gruppi, variamente composti, troveranno le forme via via più consone per continuare a esistere, difendere la loro identità, esprimersi con e senza translation tools, fuori e dentro progetti collettivi, suppongo. Volevo però cogliere il rapporto fra traduttore e traduzione. La traduzione è un processo, ma anche un’esperienza che ha già in sé il seme dell’universale, e ce l’ha da molto prima che i translation tools esaltassero l’applicabilità dell’aggettivo ‘collettivo’. Mi pare che il finalismo del social translation movement abbia in sé il potenziale per cancellare in apparenza la necessità e la vitalità dei confini, concettualmente ineliminabili, per quanto ho potuto rifletterne, benché, fino a prova contraria, sempre modificabili.
    Procedo dunque con dubbi e non nego il soprassalto nel leggere ‘qualsiasi cosa’ in modalità crowdsourcing.
    Intanto invito alla lettura delle parole di José Saramago sul tradurre. Mi ha colpito particolarmente il tema del ‘riconoscersi’.

    “… quello che è deve trasformarsi in un’altra cosa per continuare a essere quello che era stato. Il dialogo tra autore e traduttore, sulla relazione tra il testo che è e il testo che sarà, non è soltanto una relazione tra due personalità particolari che devono completarsi è soprattutto un incontro tra due culture collettive che devono riconoscersi.”

    Qui il testo integrale nella traduzione di Massimo Lafronza, http://quadernodisaramago.wordpress.com/2009/07/02/tradurre/.

    Forse anche qualche dubbio è bene coltivarlo 😉


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