Il valore aggiunto dei citizen media

19Feb11

Non c’è solo la rivoluzione araba. Gabon, Thailandia, Madagascar, Colombia, Uganda. Oscurati dai media mainstream, i quali hanno preferito mettere il silenziatore anche sulla guerra fredda digitale dichiarata da Hillary Clinton.

Una parte del mondo ribolle e ad informare sono gli stessi protagonisti. Semplici cittadini che plasmano il cambiamento, oltre che raccontare in presa diretta rischi e conquiste di tale cambiamento. Il locale diventa globale e viceversa, senza soluzione di continuità. Rispetto al lavoro del ‘giornalista’, è chiaro che il valore aggiunto prodotto dai citizen media acquista sempre più senso e spazio. Come pure (e soprattutto) per tutti quegli individui che dall’altra parte del globo, vogliono sapere e capire, partecipare come possono al nuovo scenario in fieri. Dal villaggio globale al pianeta elettrico il passo è breve.

Come cittadini del mondo, non possiamo più permetterci il lusso di dimenticare certi conflitti o problemi, né tantomeno ignorare le conversazioni sui fatti di ogni giorno in zone geograficamente o culturalmente lontane. Persino i fatti di casa nostra acquistano dinamiche meno buie se l’occhio e l’impegno collettivo spaziano nel “glocale” dei nostri giorni. E il valore aggiunto delle voci globali, del flusso dei citizen media (rumore incluso) è un bene irrinunciabile che richiede attenzione e partecipazione. Proprio come la democrazia.

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