Sull’immaturità politica di Internet, e di chi la osserva…
Le strade della politica sono sempre più caratterizzate da enormi capitali e da sperperi altrettanto grossi, con tutte le implicazioni che ciò comporta. A riprova di questa triste verità, nonostante (o grazie a?) Internet, oggi il New York Times dà i numeri sui bilanci dei due contendenti democratici:
“Nearly $100,000 went for party platters and groceries before the Iowa caucuses, even though the partying mood evaporated quickly. Rooms at the Bellagio luxury hotel in Las Vegas consumed more than $25,000; the Four Seasons, another $5,000 … The [Clinton] campaign spent more than $11,000 on pizza and $1,200 on Dunkin’ Donuts runs … She [Clinton] wound up spending at roughly the same rate as Mr. Obama, about a million dollars a day [from January]”
Quindi, non solo ha sempre più senso la battaglia anti-corruzione avviata Lessig, ma il ricorso alle potenzialità della Rete diventa nei fatti l’ennesimo abuso ai danni dei cittadini, ulteriore strumento di chiusura e mancanza di confronto – anzichè di comunicazione aperta e partecipazione concreta come qualcuno sembra sostenere. Quanto riportato dal NYT non è che uno spaccato minimo in tal senso, e non suscita indignazione (o almeno dovrebbe) solo rispetto alle operazioni della campagna Clinton. Altrettanto eccessivo sbandierare il ricorso diffuso a YouTube, a Twitter e compagnia bella come riflesso di un’effettiva maturità politica raggiunta da Internet e, quel che più conta, dal suo popolo. Nonostante gli anni passati e gli eloquenti esempi (Howard Dean docet), c’è sempre un’insana esagerazione quando si osserva Internet. Soprattutto, come in questo caso, quando in Italia si vogliono interpretare le dinamiche tipiche dell’online (auto-referenzialità, gran can-can) fuori dal contesto generale, dai fatti sul campo che in gran parte smentiscono tale presunta maturità. Please, mettiamo il piede sul freno non sull’acceleratore…
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